Chirurgia Estetica

La chirurgia estetica è una branca chirurgica che, a differenza delle altre, come la chirurgia plastica che ha uno scopo “funzionale” e “riparativo”, in questo caso è finalizzata a migliorare o semplicemente modificare l’aspetto fisico di pazienti clinicamente sani. Gli interventi possono riguardare il viso, in particolar modo il: naso (rinoplastica), le palpebre (blefaroplastica), il mento (genioplastica) e le orecchie (otoplastica). Possono essere inoltre diretti alla rimozione delle rughe (ritidectomia o lifting) o del tessuto adiposo (lipofilling). Altri interventi sul viso riguardano gli zigomi, la mandibola e la mascella.

La chirurgia della mammella permette l’ingrandimento (mastoplastica additiva), la riduzione (mastoplastica riduttiva) o il rassodamento del seno (mastopessi). Essa può avere un ruolo anche nel sesso maschile in caso di ginecomastia.

La chirurgia estetica si occupa anche di interventi di addominoplastica per la ricostruzione dei muscoli della parete dell’addome e di liposuzione, per la rimozione del tessuto adiposo sovrabbondante.

Foto prima e dopo

Loboschisi

Mastoplastica

Addominoplastica

Mastoplastica

I TRATTAMENTI PIÙ RICHIESTI

Un petto ben definito e scolpito è indice di virilita e atleticità. Molto spesso nonostante diete forzate e allenamenti costanti, alcuni uomini presentano un “seno “maschile ossia una ghiandola mammaria in esubero rispetto alle condizioni normali.

Cause
Questa inestetismo chiamata in gergo scientifico ginecomastia è in realtà una condizione largamente diffusa, creando non pochi disagi psicologici soprattutto in estate, per delle imbarazzanti protuberanze femminili. Le cause di questo inestetismo sono ascrivibili ad una miriade di fattori, tra cui un’alterazione dell’assetto ormonale, predisposizione genetica, utilizzo di anabolizzanti.

Cosa Fare
La ginecomastia viene classificata in tre sottogruppi facilmente diagnosticabili tramite l’ispezione o una semplice indagine ecografica:
● falsa: il volume del “seno” maschile dipende in larga misura dal tessuto adiposo in eccesso
● mista: senza dubbio la più diffusa, dove si assiste alla presenza contestuale di grasso e tessuto ghiandolare più del normale
vero: nei casi in cui si è un effettivo accumulo di tessuto ghiandolare in esubero.

Questa tecnica chirurgica rappresenta la scelta terapeutica per la risoluzione della tipologia piu’ diffusa di ginecomastia ossia quella mista: una condizione nella quale si presentano contestualmente gli eccessi adiposi e della ghiandola mammaria. Si basa sulla lipoaspirazione del tessuto adiposo in eccesso e alla eventuale rimozione (tramite un piccolo taglio a ridosso del capezzolo) della ghiandola mammaria in eccesso. Non raramente questa metodica viene integrata con un piccolo lifting con rimozione della cute (tramite taglio periareolare ) che si è progressivamente formata sotto il peso del “seno” maschile.

● Indicazioni: pazienti che presentino un grado moderato severo della ginecomastia
● Vantaggi: consente spesso di risolvere l’inestetismo in un’unica seduta
● Svantaggi: necessita di indossare una guaina per circa 20 giorni
● Anestesia: locale e con sedazione
● Convalescenza: circa 2/3 giorni.

Il seno è forse l’elemento del corpo che caratterizza più degli altri la sensualità e la femminilità di una donna.

Un bel seno può essere definito tale quando raggiunge il giusto livello di proporzioni non solo tra i due seni ed il torace, ma con l’intero corpo.

Risulta per questo doveroso, effettuare una accurata valutazione del paziente per poter comprendere al meglio la tecnica chirurgica e la tipologia di protesi piu idonea per le caratteristiche della paziente.

Rappresentano senza ombra di dubbio la scelta più idonea per quelle pazienti che vogliano avere un aumento considerevole e duraturo nel tempo, del volume mammario. La scelta delle protesi è un momento fondamentale. Non si basa solo sulla sommaria esigenza della paziente, spesso bombardata da distorte informazioni mediatiche o da previsioni irreale del risultato finale, ma deve far riferimento ad una canoni estetici oggettivi che vengono ricavati da misurazioni ben precise. Bisogna infatti, considerare una serie di parametri come l’altezza della paziente, la sua struttura del torace, la base della ghiandola mammaria, le proporzioni del corpo etc. tutto questo ha come obiettivo quello di individuare la protesi disegnata e creata per ogni singola paziente. Attualmente infatti, esistono differenti protesi distinte non soltanto per volume ma anche coesività del gel, proiezione, altezza, larghezza, morbidezza, peso.

È limitativo quindi, distinguerle scolasticamente solo in protesi anatomiche o rotonde essendo il mondo delle protesi mammarie cosi complesso e variegato.

Accessi per l’inserimento della protesi

Sommariamente possiamo dividere gli accessi per l’inserimento delle protesi mammarie in quattro parti:

  • Sotto-mammario;
  • Peri-areolare;
  • Ascellare

Affinchè la protesi mammaria possa conferire un aspetto quanto più naturale possibile è necessario, impiantarla in una tasca parzialmente sotto-muscolare. Con questa tecnica chiamata dual plane, avremo il vantaggio di avere un risultato stabile, in assenza di “gradini” così tanto antiestetici.La stabilità del risultato è data dal fatto che il muscolo che copre la protesi nella sua porzione superiore funge da sostegno per la protesi stessa, che se fosse impiantata in un piano più superficiale (sotto-ghiandolare) sarebbe destinata inevitabilmente a scivolare verso il basso, costringendo la paziente a distanza di poco tempo dall’intervento di mastoplastica additiva, ad effettuare un nuovo intervento di lifting del seno.

  • Indicazioni: aumenti volumetrici della mammella
  • Vantaggi: importanti aumenti volumetrici del volume del seno, prevedibilità e stabilità del risultato
  • Svantaggi: discreta convalescenza
  • Anestesia: sedazione o generale
  • Convalescenza: circa 3 settimane nelle quali i movimenti soprattutto della regione superiore del corpo saranno limitati

La liposuzione è sicuramente l’approccio più indicato nei pazienti che vogliano avere dei risultati concreti e soprattutto duraturi nel tempo. Questa tecnica che rappresenta l’evoluzione della classica lipoaspirazione, sfrutta un concetto basilare che è quello della retrazione cutanea.

Spesso infatti si notano dei destruenti risultati estetici derivanti dallo svuotamento del tessuto con relativa ptosi cutanea. Questo perché vengono effettuati interventi aggressivi che si pongo come obiettivo quello di ridurre il tessuto adiposo senza considerare le conseguenze sul tessuto cutaneo sovrastante.

La tecnica di liposuzione tridimensionale consente invece, di rimodellare il tessuto adiposo e contestualmente di garantire un “lifting cutaneo”. Con una particolare tecnica chirurgia, i tessuti non vengono più rimodellati in termini di volume, ma anche la cute sovrastante apparirà più liscia, con meno cellulite e più tesa.

  • Indicazioni: accumuli adiposi e moderato rilassamento cutaneo.
  • Vantaggi: miglioramento della silouhette e del tono cutaneo.
  • Svantaggi: la paziente deve indossare una guaina per un periodo di circa 20 giorni.
  • Anestesia: locale, locale con sedazione.
  • Convalescenza: circa 24/48 ore.

È una tecnica che consiste nel trapianto autologo del grasso che viene prelevato in anestesia locale con l’ausilio di micro-cannule da zone donatrici come la culotte de cheval, fianchi, pancia. Queste aree anatomiche sono tendenzialmente più restie ai dimagrimenti in quanto predisposte geneticamente ad essere difficilmente attaccabili dagli ormoni del digiuno: trasferire il grasso da queste zone alla regione zigomatica garantisce un ripristino dei volumi che perdura a distanza di tempo nonostante il paziente possa effettuare diete più o meno drastiche.

È questa una metodica che sposa la voluminizzazione di un filler in termini di rimpolpamento dell’area trattata con le capacità rigenerative del grasso. Il grasso come ormai noto, non è solo un materiale di scarto ma è un importante serbatoio di cellule staminali che hanno la capacità di differenziarsi in cellule cutanee regalando freschezza e luminosità al viso.

  • Indicazioni: riempimenti volumetrici di maggiore entità, cute spenta e atonica, associazione anche con altre metodiche chirurgiche
  • Vantaggi: si possono correggere piccoli accumuli adiposi in alcune aree del corpo, si rimpolpa la regione trattata e le cellule staminali rigenerano dall’interno il tessuto cutaneo
  • Svantaggi: si necessita alle volte di ripetere il trattamento perché può verificarsi un non totale attecchimento del trapianto di cellule adipose.
  • Anestesia: locale e/o locale con sedazione
  • Convalescenza: possono crearsi dei piccoli ematomi nella zona trattata circa tre giorni.

Rappresentano sicuramente un approccio pratico e veloce per la soluzione di inestetismi di lieve e media entità. Possono essere utilizzati differenti tipi di acido ialuronico distinguibili per consistenza, coesività, e morbidezza che tuttavia non sempre riescono a garantire un’adeguata proiezione dello zigomo stesso e l’effetto lifting necessario per trattare deplezioni volumetriche maggiori. Scarsamente indicati inoltre nei pazienti giovani o sportivi, che avendo un elevato metabolismo, tendono ad accorciare i tempi di riassorbimento (ricordiamo che l’acido ialuronico altro non è che un glicosammino-glicano ossia una proteina con degli zuccheri ancorati) riducendo quindi la durata del trattamento stesso.

  • Indicazioni: in pazienti che presentano rughe superficiali o di media profondità
  • Vantaggi: di rapida esecuzione, idrata la pelle attraverso il richiamo d’acqua, morbidezza al tatto possibilità di risolvere ipercorrezioni con l’iniezione di ialuronidasi (enzimi che sciolgono gli eccessi di acido ialuronico)
  • Svantaggi: durata non sempre predicibile dipendente dal metabolismo del soggetto da 4 a 12 mesi (tendenzialmente pazienti giovani hanno una durata dell’effetto minore)
  • Anestesia: locale, crema anestetica
  • Convalescenza: leggermente edemigeno con un lieve gonfiore di circa 2 giorni

I filler riassorbibili a base di idrossiapatite calcica, normale costituente del nostro organismo, seguono un percorso di metabolizzazione differente da quello dei glicosamminoglicani (acido ialuronico) esente dal livello di metabolismo del paziente. Si ottiene in pratica un effetto più longevo e predicibile del trattamento. Questo filler genera infatti, un fenomeno di stimolazione cellulare per il quale l’idrossiapatite progressivamente degradata, viene sostituita da una matrice organica autologa (collagene) creando un vero e proprio filler naturale.

Per questo motivo anche al termine della vita del prodotto, il paziente può continuare a godere degli effetti del trattamento in quanto si è prodotto nuovo collagene. Inoltre la consistenza leggermente più densa della matrice di idrossiapatite rispetto all’acido ialuronico, lo rende ideale in quei pazienti nei quali si voglia ottenere una maggiore proiezione e quindi un effetto lifting più accentuato.

  • Vantaggi: indicato nei pazienti in cui si voglia creare una maggiore proiezione nei pazienti più maturi che stanno sviluppando fenomeni di riassorbimento osseo, sportivi o nei pazienti con elevato metabolismo
  • Svantaggi: eventuali eccessi del prodotto non possono essere corretti con enzimi (ialuronidasi)
  • Anestesia: locale;
  • Convalescenza: piccole nodulosità palpabili nella regione trattata durante i primi 3 giorni.

L’intervento di addominoplastica ha lo scopo di rimuovere l’eccesso di cute e tessuto adiposo che conferiscono all’addome un aspetto ondulato e rilassato. La pelle dell’addome viene rimessa in tensione, eliminando le pieghe e ridando all’addome un aspetto più tonico. All’intervento residua una cicatrice in regione sovra pubica, più o meno prolungata lateralmente verso i fianchi a seconda dei casi, comunque copribile con un normale slip. Le smagliature vengono in parte eliminate con la parte di cute che viene asportata e in parte vengono migliorate per effetto della tensione sulla pelle residua. Per ridefinire la silhouhette corporea, è possibile associare all’addominoplastica anche la liposuzione del pannicolo adiposo addominale o degli eventuali accumuli adiposi dei fianchi. Inoltre, nel caso sia presente una diastasi dei muscoli retti addominali, può essere contestualmente eseguito il loro riavvicinamento con sutura lungo la linea mediana ed eventualmente il loro rinforzo mediante posizionamento di una rete.

L’intervento viene eseguito in anestesia generale con un ricovero di almeno due giorni, eccezion fatta per i casi di minore entità nei quali può essere sufficiente eseguire un’anestesia spinale o un’anestesia locale con sedazione. Ha una durata variabile tra le due e  le quattro ore a seconda dei casi. Si esegue un’incisione trasversale in regione sovra pubica prolungata lateralmente, cute e grasso sottocutaneo vengono scollati e sollevati dalla parete muscolare sottostante fino all’arcata costale, si isola l’ombelico, si procede all’eventuale rinforzo della parete addominale con suture o rete, si asporta l’eccesso di pelle e la cute residua viene tirata verso il basso e nuovamente suturata all’iniziale incisione sovrapubica. L’ombelico viene riposizionato nella corretta sede anatomica. Nel caso si debbano correggere solo modesti eccessi di cute, è sufficiente fare di breve estensione e limitare lo scollamento alla zona sottombelicale, si parla di mini-addominoplasica. Al termine dell’intervento vengono posizionati due drenaggi e viene effettuata una medicazione compressivo-contenitiva.

Dopo l’intervento i pazienti dovranno rimanere a riposo per circa 24 ore, dopo le quali si consiglia di alzarsi e camminare, in quanto la deambulazione precoce riduce il rischio di trombo-embolie. Il dolore è generalmente di modesta entità e controllabile con blandi analgesici. Nel primo periodo post-operatorio si avvertirà una sensazione di tensione addominale che regredirà spontaneamente nell’arco di 10-15 giorni: si consiglia di riposare con il tronco semiflesso sulle anche, posizionando un cuscino dietro le ginocchia, e i primi giorni di camminare con il busto lievemente piegato in avanti. I drenaggi verranno rimossi dopo 24-72 ore e contestualmente, verrà tolta anche la medicazione e sostituita con una guaina elastica, che dovrà essere indossata giorno e notte per almeno un mese. Sarà possibile fare la doccia solo dopo la rimozione dei punti di sutura, che solitamente avviene a distanza di 7-10 giorni dall’intervento.

È possibile riprendere l’attività lavorativa dopo circa 2 settimane e l’attività sportiva dopo circa un mese- 45 giorni.

Il risultato dell’intervento è apprezzabile immediatamente, ma è da considerarsi definitivo dopo almeno 6 mesi, periodo dopo il quale potrebbero evidenziarsi alcune imperfezioni, tali da richiedere minime correzioni chirurgiche. Il risultato è permanente, nel senso che il tessuto asportato non si riforma, ma col passare degli anni i normali processi di invecchiamento cutaneo possono alterare la forma della parete addominale.

I nei (più correttamente definiti “nevi“) sono lesioni pigmentate solitamente cutanee ma che possono comparire anche sulle mucose, singoli o a gruppi. Alcuni sono congeniti, ossia presenti fin dalla nascita, ma la maggior parte compaiono spontaneamente nel corso della vita dell’individuo. Si tratta di lesioni solitamente rotondeggianti od ovalari, più o meno rilevate rispetto alla cute circostante, con gradi variabili di pigmentazione (dal marrone chiaro al nero) e di varie dimensioni (solitamente da pochi millimetri ad un centimetro). Esistono numerosi tipi di nevi, classificati in base alle loro caratteristiche macroscopiche (identificate dal dermatologo grazie alla dermatoscopia) e microscopiche (definite dal patologo una volta che la lesione è stata asportata e studiata istologicamente). Caratteristiche dermatoscopiche inusuali del nevo possono giustificare la sua asportazione e quindi il suo esame istologico, che, talvolta, definisce il nevo come “atipico“: l’atipia, però, non va assolutamente confusa con la malignità della lesione, ma indica un aspetto microscopico non usuale, ma comunque benigno. Diverso, invece, è il termine “displastico” che può essere attribuito al nevo, poichè indica una serie di caratteristiche che aumentano il rischio di trasformazione in senso maligno: un nevo displastico è solitamente di dimensioni più grandi della norma (oltre i 6-7 mm), ha un aspetto dermatoscopico sospetto con pigmentazione non uniforme (più scura in alcune zone, più sfumata in altre) e forma irregolare; tali lesioni devono essere monitorate nel tempo o eventualmente asportate. Esistono sostanzialmente due tipologie di intervento: l’asportazione chirurgica e quella con il laser. Sebbene il paziente sia spesso affascinato dalla metodica laser come sinonimo di modernità o di minore invasività, purtroppo non sa che tale metodica presenta il limite di non permettere l’esame istologico della lesione. Asportazione con laser – Questo tipo di intervento, che permette di distruggere con il calore le cellule del neo, può essere preso in considerazione solo per l’asportazione di alcuni nei rilevati, sulla cui natura benigna non vi siano dubbi di alcun tipo.  L’asportazione mediante laser lascia sulla cute una piccola area abrasa di dimensioni corrispondenti al diametro del nevo: occorre medicare  l’area trattata per un arco di tempo tra i 7 e 15 gg per giungere  a completa guarigione, senza necessità di sutura. Asportazione chirurgica – Questo intervento permette sempre di effettuare l’esame istologico della lesione asportata, viene effettuato ambulatorialmente in anestesia locale e la rimozione dei punti di sutura viene effettuata dopo 7-10 giorni a seconda della sede corporea.

Il melanoma cutaneo è un tumore maligno che origina dei melanociti cutanei che costituiscono i nevi, oppure su cute apparentemente sana o, in rari casi , in sedi extracutanee come occhio, orecchio interno, meningi. Nel caso di sospetto melanoma si deve procedere all’asportazione chirurgica.

Molteplici sono le altre neoformazioni che possono insorgere a livello cutaneo e sottocutaneo tra cui cisti sebacee, lipomi, cheratosi, fibromi e dermatofibromi, epiteliomi. L’epitelioma basocellulare e l’epitelioma spino cellulare sono i tumori cutanei maligni più comuni, il cui trattamento d’elezione è l’asportazione  chirurgica: essa permette di rimuovere completamente la neoplasia prevenendo eventuali recidive e permette di effettuare l’analisi istologica del pezzo asportato, strumento questo indispensabile per avere la certezza sia diagnostica che di completa eradicazione. Generalmente l’asportazione delle neoformazioni cutanee e sottocutanee consiste nella rimozione di una losanga di cute comprendente la lesione e successiva chiusura della perdita di sostanza residua mediante sutura diretta. In alcuni casi non è possibile riparare il difetto mediante il semplice avvicinamento dei margini della ferita ma è necessario mobilizzare i tessuti vicini (lembi di vicinanza) o trasferire la cute da un’altra sede corporea (innesto).

Il dolore, se presente, è generalmente di modesta entità e controllabile con blandi analgesici. E’ consigliabile evitare l’uso di farmaci contenenti acido acetilsalicilico (es. Aspirina), che potrebbero facilitare il sanguinamento e quindi la formazione di ematomi.

Può verificarsi la comparsa di ecchimosi (lividi) che si riassorbono spontaneamente nell’arco di 7-10 giorni.

In caso di asportazione chirurgica si consiglia di non rimuovere e non bagnare la medicazione fino al primo controllo post-operatorio  e di evitare attività sportiva o sforzi fisici  intensi per il primo mese post-operatorio. Si raccomanda inoltre  di evitare l’esposizione solare o a lampade abbronzanti per i primi 6 mesi dopo l’intervento: le radiazioni ultraviolette possono irritare le cicatrici recenti e indurne una pigmentazione permanente.

L’intervento di otoplastica viene solitamente eseguito per correggere forma e posizione di orecchie eccessivamente prominenti, le cosiddette “orecchie a sventola”, nelle quali il difetto è dovuto ad un eccessivo sviluppo della conca (la parte centrale del padiglione) e/o alla mancata formazione di alcune ripiegature della cartilagine che ne formano lo scheletro. E’ un intervento che dà risultati da subito visibili, stabili in poche settimane e duraturi nel tempo. Può essere eseguito a partire dagli 8-9 anni, quando si considera terminato lo sviluppo del padiglione auricolare. A seconda delle necessità, è possibile intervenire su una o entrambe le orecchie e le cicatrici rimangono nascoste dietro il padiglione.

L’intervento viene solitamente eseguito in anestesia locale associata ad una blanda sedazione, eccetto in caso di soggetti in età infantile poco collaboranti, nei quali può essere indicata l’anestesia generale. Dura dall’una alle 2-3 ore, a seconda se viene effettuato su una o entrambe le orecchie e a seconda dei difetti da correggere. Si effettua un’incisione sulla faccia posteriore dell’orecchio a livello dell’attaccatura del padiglione, si asporta una sottile losanga di cute e una sottile losanga di cartilagine concale, si modella la cartilagine mediante punti di sutura permanenti e/o indebolimento a raspa della faccia anteriore ed infine si sutura l’incisione posteriore. Si applica una voluminosa medicazione contenitiva (a turbante o a caschetto), che protegge i padiglioni operati e ne limita il gonfiore.

Il dolore post-operatorio è solitamente di lieve entità e controllabile con blandi analgesici. L’ingombrante  medicazione applicata al termine dell’intervento deve essere mantenuta per tre-quattro giorni, durante i quali è sconsigliabile la guida di veicoli. La prima settimana post-operatoria si consiglia di soggiornare in ambienti freschi, riposare col capo alzato e mangiare cibi a temperatura ambiente e di consistenza morbida.

I punti di sutura vengono rimossi dopo 8-10 giorni. Una volta tolta la medicazione, le orecchie appaiono gonfie e di colore bluastro: l’edema e il rossore regrediscono spontaneamente e il ritorno ad una normale vita di relazione avviene in 2-3 settimane. Si consiglia di indossare per un mese, almeno di notte, una fascia elastica, che protegga le orecchie da eventuali traumatismi involontari. Poiché per alcuni mesi la sensibilità dell’orecchio potrebbe essere ridotta, si consiglia di evitare l’applicazione diretta di calore (es.: phon) e di evitare l’esposizione al sole e a calore intenso (es : sauna o lampade abbronzanti) per almeno tre mesi dopo l’intervento. Poiché le orecchie non sono mai perfettamente uguali e simmetriche, anche in condizioni di normalità, lievi asimmetrie nella prominenza o nella conformazione, possibili dopo questo tipo di intervento, non sono da considerarsi indicazioni per ulteriori correzioni

Il rilassamento del tessuto cutaneo e sottocutaneo del lobo, in associazione spesso, all’abitudine errate di indossare orecchini con un peso eccessivo, generano spesso un aumento del diametro del foro di accesso dell’orecchino stesso e, in alcuni casi, la fissurazione o schisi totale del lobo. Il rimedio proposto è quello di ricreare la fisiologica unione di questi lembi, in associazione all’iniezione con acido ialuronico micro-molecolare con l’intento di ridare turgore alla zona, che spesso risulta ipotonica, cadente.

  • Indicazioni: schisi totali del lobo
  • Vantaggi: consente di ricongiungere i lembi, ricostruendo la forma del lobo
  • Svantaggi: il processo di guarigione di questa area anatomica non sempre risulta eccellente.
  • Anestesia: locale.
  • Convalescenza: scarsa o nulla , circa un giorno

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